Se è vero, come spesso mi ripete mia madre, che nella vita la fortuna si manifesta sotto forma di incontri, io posso ritenermi davvero fortunato. Ho conosciuto Alessandro Mendini quando ancora ero studente e da allora, anche come collaboratore dell'Atelier Mendini per sedici anni, ci lega una sincera amicizia.

Alessandro Mendini non è un color consultant, Sandro è semplicemente la dimostrazione di come l'umanità della persona e la genialità dell'artista possano convivere armoniosamente nella policromia. Non ama o preferisce un solo colore: è la relazione che si stabilisce tra i cromatismi che lo affascina. Accostamenti insoliti, talvolta azzardati ma sempre originali, che lo hanno reso immune persino all'ingiustificato rigore monocromo degli ultimi venti anni.
La sua tavolozza ha la potenza e l'armonia di un'orchestra: i colori vibrano, sorprendono, si materializzano su oggetti e architetture poetiche, che talvolta ci spiazzano e vengono, magari, comprese solo dopo anni. La poltrona di Proust nelle sue infinite variazioni è il manifesto della sua sensibilità cromatica, colta e al tempo stesso immediata, amata soprattutto dai più piccoli che riescono, forse meglio dei grandi, a coglierne la purezza.

Una cosa è certa, le sue opere non si dimenticano facilmente, appartengono oramai all'immaginario collettivo. Se oggi, dopo un ventennio di cultura "mono-a-cromatica" (case bianche, design grigio metallizzato, abiti neri) c'è finalmente "voglia di colore" è anche grazie a Sandro Mendini, grande provocatore - che con lieve ironia si firmava con l'acronimo AMEN - e a una manciata di finissimi intellettuali del progetto come Ettore Sottsass, Luis Barragàn, Paul Smith, Gimmo Etro, Rosita Missoni e i pochi altri che non hanno mai rinunciato a colorare il mondo.

L'approccio al colore di Mendini non è tanto quello di un progettista ma è più simile quello di un artista, lontano da manierismi e tecnicismi. Non persegue solo la funzione o l'esito estetico del progetto, ma ci insegna quanto sia importante offrire il proprio contributo alla "cosmesi universale", perché la bellezza può umanizzare i luoghi e il colore ha un profondo valore sociale e può contribuire a migliorare la vita delle persone. Un'idea che concorda con la filosofia di IACC, tracciata nel 1957 dal professor Frieling. Frank Mahnke, presidente di IACC International, sottolinea che il colore non è semplice decorazione e Mendini rende questo concetto visibile, quotidianamente tangibile.