Ogni città racconta una storia fatta di luce, materia e colore. Il paesaggio cromatico urbano nasce dalla continua interazione tra individui e collettività, esprimendo quella intelligenza collettiva che Pierre Lévy definisce come la totalità del sapere distribuito tra tutti gli esseri umani.

Nelle città antiche, il colore era parte essenziale della cultura materiale. L’impiego di pigmenti e materiali locali era legato non solo alla disponibilità naturale, ma anche alla simbologia, ai riti e alla stratificazione sociale. Il colore definiva i confini tra luoghi pubblici, religiosi e privati, tra le residenze dei ceti più abbienti e quelle delle classi popolari. Questo ha generato paesaggi urbani unici, in cui la tavolozza cromatica diventava espressione diretta della storia e del genius loci.

La città, dunque, è sempre stata un meta-paesaggio emozionale, capace di evocare memorie e sensazioni collettive. Le variazioni cromatiche, integrate con i cicli della luce solare e delle stagioni, contribuivano a creare ambienti armonici e stimolanti.

Tuttavia, nel corso del Novecento e con l’avvento dell’urbanizzazione massiva, molte città hanno perso questa ricchezza cromatica. La monocromia di cemento, asfalto e superfici metalliche ha sostituito la varietà, contribuendo a un fenomeno di inquinamento visivo. Non si tratta solo di un degrado estetico, ma di un problema che incide sul benessere psicofisico degli abitanti: la carenza di colore, unita alla spersonalizzazione degli spazi, genera senso di disorientamento, alienazione e stress.

Le periferie urbane, in particolare, spesso si trasformano in “non luoghi”, privi di identità e di connessione emotiva con chi li vive. La conseguenza di questo azzeramento della diversità è la perdita di specificità individuale e collettiva.

Per troppo tempo il colore è stato ridotto a elemento puramente decorativo, svuotato del suo valore sociale e progettuale. La cultura del colore, promossa dall’IACC, propone invece un approccio multidisciplinare che coniuga arte, scienza e consapevolezza sociale. Progettare con il colore significa favorire la leggibilità degli spazi, facilitare le azioni quotidiane, influenzare la percezione della temperatura, del suono, del peso e persino del trascorrere del tempo.

Un contesto cromatico equilibrato può migliorare la qualità della vita, incentivare l’interazione sociale e ridurre l’impatto negativo dell’ambiente costruito. La città dovrebbe essere pensata come un organismo vivo, una scenografia dinamica e cangiante, capace di adattarsi alla luce, alle stagioni e ai ritmi della collettività. Serve oggi una nuova visione culturale per ripensare il ruolo del colore nelle trasformazioni urbane, restituendogli la dignità di strumento essenziale di progetto e di relazione tra uomo e ambiente.

E proprio qui emerge una riflessione attuale: chi osserva ancora le città? Mentre le architetture storiche e moderne si innalzano, sempre più persone camminano con lo sguardo fisso sullo smartphone. Secondo studi del Center for Urban Design and Mental Health e dell’Università di Copenaghen, oltre il 60% dei pedoni guarda lo schermo del telefono per almeno un terzo del tempo di percorrenza, ignorando così proprio gli elementi verticali dello spazio urbano che per secoli hanno rappresentato il racconto visivo e simbolico della città.

Per approfondire questo affascinante tema e discutere le strategie per una rinnovata "cultura del colore" nelle nostre città, Info Progetto ha reso possibile l'organizzazione di un imperdibile webinar il 26 maggio 2026, in collaborazione con Massimo Caiazzo, Presidente di IACC Italia. Un'occasione unica per esplorare come il colore possa tornare a raccontare le storie delle nostre città, illuminando il nostro presente e plasmando un futuro urbano più vibrante e umano.

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